giovedì 7 ottobre 2010

Cazzo, cazzo e cazzo

Io di Cavalleri ne conosco uno. Si chiama Aurelio e insegna letteratura francese. Quindi chi sia Cesare Cavalleri non lo so.
Però, recensendo il libro che ne ha fatto Rocca e che porcogiuda vorrei anche leggere, ha scritto delle cose molto sbagliate sul mio libro preferito, e le ha scritte sul giornale dei vescovi.
Mi sento quindi molto soddisfatto del mio libro preferito.

Ma veniamo alla recensione, che commento alla cazzo di cane ricorrendo a un brillante corsivo d'interruzione:

Diviso in tre parti, ciascuna intitolata alle tre mogli del protagonista, Barney Panofsky, il romanzo è programmaticamente divertente, «politicamente scorretto». Dovrebbe far sentire intelligente il lettore, ma personalmente mi deprime.

Non dovrebbe farlo sentire intelligente: dovrebbe farlo sentire un po' moralista, in contrasto alla psicologia del protagonista. E poi dovrebbe innescare l'autocritica del moralismo provato dal lettore, facendolo sentire stupidino, dimostrandogli che frequenta qualche pregiudizio di troppo.

Non riesco ad appassionarmi alle imprese amatorie e alle bevute di Barney e dei suoi amici, e mi fanno schifo gli ubriachi che vanno a vomitare nella tazza del cesso.

A me gli ubriachi che vomitano nella tazza del cesso stanno simpatici. Anche perchè, se vomitano nel cesso, significa che non stanno vomitando addosso a me. E io stesso, qualche volta, ho vomitato nella tazza del cesso perchè ubriaco. E quindi?

Barney è ebreo, e sembra divertirsi a ironizzare sui difetti degli ebrei che sente anche suoi, ma non ha torto chi trova nel romanzo qualche sgradevole sfumatura antisemita.

Invece ha torto. Barney è ebreo, appunto. Cavalca i luoghi comuni sugli ebrei, e li porta all'eccesso; accoglie i pregiudizi, portandoli ugualmente all'eccesso. In questo modo, ne dimostra tutta la stupidità, tutta la miseria intellettuale. And the hits just keep on comin'.

La scrittura è fatta di digressioni e di aneddoti anche divertenti, come la presa in giro dell'intellighenzia parigina degli anni '50, o della promiscuità della comune sessantottarda in cui per un periodo ha militato un figlio di Barney; il quale Barney, per cavarlo di prigione, ricorre anche alla raccomandazione di un vescovo che peraltro disprezza.

Appunto. Dimmi tu se Barney non è una brava persona.

L'autodiagnosi di Barney è esatta: «Sto andando di nuovo fuori tema. Parlo di tutto, tranne di quello di cui dovrei. Ma questa è la vera storia della mia vita dissipata, che è fatta essenzialmente di oltraggi da vendicare e ferite da rimarginare». Un tipo così non mi diverte: propriamente mi fa pena.

Cazzi tuoi. Leggi Citati, la prossima volta.

1 commento:

Isa ha detto...

"come leggere un buonissimo libro e non capirne un cazzo". e esserne talmente orgoglioso da recensirlo.